La Questione Meridionale, posta all’attenzione di un pubblico impegnato a vivere molto velocemente la propria quotidianità, rischia di essere l’ennesimo fallimento di una rinascita avviata dal basso e destinata a conferire quel valore aggiunto sino ad ora desiderato ma non attuato a causa di una serie di circostanze, in parte preoccupanti ed in parte giustificabili e riconducibili ad una strana voglia di complicare ulteriormente il difficile percorso di rinascita di questa terra, trasformando ogni sforzo nell’ennesimo risultato negativo  destinato a divenire la naturale sommatoria all’attuale divario tra Nord e Sud. Viviamo un’Italia divisa in due, politicamente e geograficamente. Intrappolata nelle reti del relativismo, nel populismo e nella dilagante ignoranza funzionale, accanto a questi fenomeni vi è una criminalità dilagante, diversificata su rispettivi segmenti regionali con annessi collegamenti internazionali. Questi elementi, seppur presenti nelle dinamiche sociali quotidiane, fortunatamente sono marginali, ma  conferiscono una straordinaria attualità al principio di Pareto, o Legge 80/20. In pratica, l’assunto empirico del sociologo italiano, recita: “l’80% di ciò che si ottiene è dovuto soltanto al 20% di ciò che si fa, o meglio “la maggior parte degli effetti è dovuta ad un numero ristretto di cause”. In passato, questa teoria veniva utilizzata per studiare le dinamiche afferenti al mondo dell’economia. Oggi  potremmo provare ad  applicare quanto affermò, nel Secolo scorso, uno dei padri della sociologia italiana, anche alle dinamiche riconducibili all’attuale modello politico. Il Terzo Millennio, contrariamente al passato, è caratterizzato da una “passione politica” resa viva più da un sentimento di pancia che da un’ideologia vera e propria. Infatti, la tomba delle ideologie dell’Ottocento e del Novecento potrebbe essere identificabile tanto nelle macerie del muro di Berlino, costruito nel 1961 e abbattuto il 9 novembre del 1989 quanto nell’instancabile lavoro posto in essere da San Giovanni Paolo II.  Seppur il Secondo Conflitto mondiale, dalla lettura storica tradizionale risulti essersi concluso nel 1945, attraverso una lettura destinata ad aprire una storicizzazione più ampia, potrebbe identificare la fine della Seconda Guerra Mondiale proprio in coincidenza della riunificazione della Germania. La fine della guerra fredda rappresentata dalla contrapposizione tra Occidente ed Oriente rappresenta la chiusura della  frattura apertasi con il Secondo conflitto mondiale.  Facendo un breve calcolo, sono trascorsi soltanto 30 anni ed il lasso di tempo sino ad ora trascorso non penso sia stato sufficiente per cancellare i ricordi, le azioni, le conseguenze ed tutti quei ritardi strutturali, alimentati da una classe politica impegnata a volte nel  voler tenere alto quel muro perché proprio in esso risedeva tutta la cultura delle differenti ideologie indispensabili ad animare la scena politica dei tempi. Alla base questo  sistema c’era un’attenta fase di reclutamento di tesserati e la diffusa presenza delle numerose sedi periferiche dei partiti rivestiva una duplice valenza, in quanto: da una parte la militanza era intesa come una vera e propria rete di comunicazione tra periferia e centro del potere e dall’altra questo vero e proprio patrimonio di valori e di persone venivano utilizzati dai politici per rivendicare candidature, ministeri e programmi di governo in funzione dei pacchetti di tessere o di controllo delle correnti interne  possedute e poste, di volta in volta,  sul tavolo delle trattative per comporre i governi. Sarà immediatamente comprensibile il perché di un’Italia a due velocità: a Nord la classe politica veniva eletta da una struttura sociale più istruita, con aspettative ben precise. A Sud, non  è stato possibile ottenere risultati di pregio in quanto la scarsa istruzione, la precarietà e la migrazione di massa del ‘900 hanno contribuito ad accogliere le poche misure assistenziali come un vero e proprio New Deal, destinato ad essere sussistenza per l’immediatezza e non investimento per il futuro. Con Tangentopoli e la successiva Legge Elettorale maggioritaria del 1993, il sistema elettorale pone nel soffitto il modello proporzionale, sino ad allora utilizzato e gran parte dei partiti hanno perso tanto la funzione quanto la struttura organizzativa, diffusa sul territorio negli anni passati. Alcuni partiti, per varie vicessitudini, si ritroveranno in tribunale per dirimere conflitti interni  anche di natura patrimoniale e sull’attribuzione di proprietà del simbolo di partito. Oggi, la partecipazione politica ha subito i mutamenti dei tempi e viene espressa anche mediante nuove metodologie. A dimostrazione del cambiamento avvenuto recentemente, sarà sufficiente consultare i dati relativi ai flussi elettorali mentre il posto delle storiche sedi di partito è stato sostituito dal mondo virtuale, reso possibile grazie all’avvento dai Social. Purtroppo, la nuova metodologia utilizzata dalla politica sembrerebbe essere maggiormente propensa alla diffusione di modelli volti a creare  degenerazione comportamentale ed un diffuso clima di odio, anziché incrementare il confronto ed estendendo smisuratamente il numero dei partecipanti. Siamo quotidianamente bombardati  da perenni campagne elettorali, artatamente poste in essere per alimentare i numerosi sondaggi ripresi poi da programmi di approfondimento per intentare dall’esterno l’agenda politica del Parlamento o del governo ragionando per mere ipotesi  ed annettendo a tali discorsi, trasmessi in prima serata, il livello  di gradimento dei vari leaders per cavalcare la tigre e tentare di raggiungere anche per ungiorno la percentuale più alta tra le forze presenti nell’arco costituzionale. Ecco perchè assistiamo quotidianamente ad una continua reclame, intrisa di promesse e provvedimenti normativi che non avranno mai un decreto attuativo e dove i sentimenti di quanti partecipano a questo modello di vita politica divenga nel breve periodo non l’appartenenza ad un progetto da scrivere e realizzare ma l’appartenenza ad un sistema eternamente sospeso nell’aria, dove i vuoti esistenziali di ogni componente possa essere tradotto nell’incapacità di comprendere il perchè oggi è indispensabile sostenere un tema, mettendo alla gogna mediatica quanti non saranno pronti a condividerlo per poi domani, per ordini di scuderia, essere pronti a distruggere quel tema e demonizzarne la stessa manodopera che ha provveduto ad immaginarlo, scriverlo e realizzarlo. Tutte queste dinamiche vengono sapientemente strumentalizzate da una innovativa plutocrazia, capace di inserire al posto del potere economico  la forza dirompente dell’intelligenza artificiale messa a disposizione di quanti intendono vivere la loro partecipazione politica immersi nella rete internet e fruibile attraverso l’utilizzo di Smartphone, Tablet e Computer. Questo nuovo modello di azione politica, seppur espressa da una quota di popolazione crescente, in pochissimo tempo ha polarizzato l’attenzione di interi segmenti sociali e produttivi riuscendo a capovolgere l’andamento del sistema in pochi giorni facendo registrare risultati, sino a qualche anno addietro, imprevedibili. Personalmente guardo con fiducia il futuro sperando in una diffusa presa di coscienza di quanti hanno compreso il pericolo  individuabile nei sentimenti di sopraffazione e prepotenza, latenti nell’attuale contrapposizione politica e sociale del momento. Questi sentimenti, poco utili alla crescita sociale ed economica del Paese, dovranno essere governati e ricondotti all’alveo della ragione e del confronto. In questa breve riflessione ho voluto tracciare brevemente la gravità dei danni, arrecati principalmente al Meridione ed ai Meridionali da una pletora di soggetti impegnati quotidianamente a saturare negativamente la vita delle persone attraverso la diffusione della sfiducia e costringendo i più deboli ad arrendersi andando via oppure mettendosi al servizio del sistema. Per reagire occorre il possesso di tanto coraggio e soprattutto bisognerà avere idee chiare e ampiamente condivisibili affinché ripartire dal basso possa essere una strada percorribile e non l’ennesima utopia. Infine, oggi più che mai bisogna mettere all’angolo tutti quei delatori,  impegnati a smontare qualsivoglia proposta per puro spirito di contraddizione. Al centro della nuova stagione  dovranno trovare spazio sia un’instancabile fase di confronto tra le parti sia una costante discussione per poter superare gli attuali modelli  imbastiti dai costanti attacchi personali e finalizzati alla diffusione di odio per generare ulteriore deterrenza all’impegno attivo, pregiudizio e sfiducia. Il compito è difficilissimo ma la responsabilità di quanti vorranno adoperarsi in tale direzione consisterà nel consolidare le proprie conoscenze, metterle a servizio della Comunità per poter creare le regole ed i percorsi indispensabili al raggiungimento dell’obiettivo.

Un commento su “Ripartire dal Sud: un impegno sociale per il superamento della rassegnazione”

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