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L’isolamento o la centralità di una città, posta all’interno di un preciso ambito territoriale, dipende da moltissimi fattori.  Tanto per i risultati positivi, quanto per quelli negativi, registrati sul singolo caso e successivamente a livello strutturale, ci saranno a monte una serie di scelte ben precise, riconducibili almeno a due differenti strade: la prima sarà quella alimentata dall’individualismo, quindi destinata nella maggior parte dei casi al fallimento; la seconda, sarà il frutto di un vero e proprio processo di sviluppo, costruito nel tempo e partecipato da quanti credono nell’idea della cooperazione, quindi disposti a far parte del tavolo di lavoro apportando come contributo iniziale una mentalità aperta e la disponibilità a mettersi in gioco. Purtroppo, in  moltissimi casi, il tavolo di lavoro è alimentato da limitazioni, veti e riproposizione di schemi e modelli destinati ad essere un limite anziché un’opportunità. La strategia vincente può esserci, occorre essere propensi ad alimentare l’entusiasmo e la costanza dei lavori. Sono questi gli elementi indispensabili per affrontare e superare le criticità con passione, riuscendo ad intravedere in esse le opportunità da praticare per rendere virtuoso il percorso intrapreso.  Ciò che oggi manca in moltissimi tavoli di lavoro è quest’ultimo sentimento. Perciò, viene meno la volontà di dare vita a buone prassi tese ad includere nuovi attori ed a produrre nuovi percorsi di sviluppo. Sappiamo benissimo come girano queste dinamiche. Dopo i politici di professione, in molti tavoli di lavoro si ritrovano quasi sempre le stesse persone con le identiche idee di sempre. Si ripetono di conseguenza le stesse prassi e vengono reiterate le solite scelte con i soliti tempi particolarmente dilatati. Perciò, affinché tutto possa cambiare, è meglio che tutto continui a rimanere immobile. Tale scelta, principalmente, comporta la staticità dello sviluppo e la mancata interpretazione delle dinamiche rende superato ciò che per il tavolo di lavoro, animato dai soliti, è la novità. Difatti, quando pensiamo alle incompiute del Meridione, ci siamo chiesti perchè moltissime opere sono nate per non essere mai completate oppure, se completate non saranno mai sicure nel rispetto degli standard prescritti? Di tali processi, forse, chi ci ha lavorato ha mirato soltanto ad  alimentare titoli di giornali e autoreferenzialità personale, ottenendo visibilità per qualche prestigiosa candidatura. Una volta eletti, il luogo del “non fare” è stato traslato da un tavolo di lavoro ad una Commissione parlamentare o regionale ed i disastri individuali sono stati più gravi di quelli commessi dalla peste. Percorrendo questa strada verrà semplice comprendere i tanti perchè posti alla base di un crescente divario Nord-Sud, non solo di natura strutturale ma anche e soprattutto di origine mentale. In questo territorio si sviluppa il niente  dove sarà semplice far venir meno la capacità di realizzare nuovi e concreti progetti di sviluppo. Quest’ultima opportunità era la mission del tavolo di lavoro ma, nel tempo, rimarrà soltanto l’ennesimo nastro di partenza tagliato e fatto divenire un proclama giornalistico vuoto di contenuti. La lungimiranza, invece, consiste anche nella capacità di prevedere le dinamiche dei tempi, dove l’idea progettuale nata ieri potrà essere aggiornata domani. Questa metodologia di lavoro, oltre ad essere definita come curvatura di progetto, dimostrerà la validità del gruppo di lavoro e la capacità nel sapersi ridefinire davanti al concetto di resilienza reso naturalmente possibile dalla necessita di doversi continuamente riallineare alle esigenza dei fruitori e non ai compromessi che determineranno la continuità del tavolo. Purtroppo, nella realtà, registriamo circostanze differenti: davanti alla necessità di rivedere un processo organizzativo si preferisce fermare tutto in quanto rimodulare significa prima rivedere gli equilibri conquistati precedentemente e poi, forse protrarre l’attività di programmazione. Chiamateli tecnici, chiamateli stakeholder, chiamateli come meglio vi piace, ma la soluzione a l problema e l’avanzamento delle attività poste sul tavolo di lavoro, riceveranno la vera spinta propulsiva per i vari progetti posti in essere, siano essi politici o programmatici, di breve o lungo termine, consultivi o vincolanti, sia ben chiaro senza la volontà di cooperare e senza la  presenza di quanti più che essere tecnici sono i veri addetti ai lavori perchè di quel lavoro hanno da sempre vissuto e, per superare le varie crisi, hanno dovuto aguzzare l’ingegno e strutturarsi per andare avanti e non per soccombere.  Ecco perchè il lavoro svolto in un tavolo dove siedono persone che provengono dal settore afferente all’ambito della discussione, sarà sicuramente più valido, maggiormente concreto e soprattutto meno  oneroso da un punto di vista economico. In ogni processo, l’occhio attento delle persone “prestate” temporaneamente a quella fase di programmazione e realizzazione, diverrà una visione strategicamente importante per la buona riuscita dell’azione intrapresa. La nostra economia ed il nostro sviluppo appaiono in condizioni sempre più preoccupanti anche perché i progettisti, senza essere stati mai esecutori, hanno pensato di poter risolvere a monte le numerose difficoltà del sistema standardizzando processi e procedure, senza tener conto dell’importanza intercorsa tra le persone coinvolte nei vari processi, esaminati di volta in volta, ed il territorio sul quale si realizza l’opera progettata. Nel grafico è stata illustrata una semplicissima dinamica di sviluppo, dove una singola impresa, facendo rete, riesce ad emergere da un sistema stagnante soprattutto grazie all’energia resa dall’intero sistema.

Nella nostra  realtà, spesso, accade il contrario perchè l’abitudine di vivere quel luogo contribuisce ad appiattire l’insieme dei significati approvabili all’azione cooperativa che è stata capace di superare l’azione individualistica. La corsa contro il tempo, praticata soprattutto dal Meridione, non dovrà essere quella di apparire migliore all’occhio di quella parte d’Italia che sta andando un po meglio. La vera differenza, nel medio e nel lungo periodo potrà essere apportata dalla capacità di aprirsi alla collaborazione ed alla cooperazione apportando ai vari tavoli di lavoro una piccola ma importantissima parte di esperienze, conoscenze, capacità e visioni destinate ad essere utilizzate ad avviare un’effettivo sviluppo teso principalmente a superare il vecchio modello e guardare il cambiamento senza paura, riservando maggiore volontà alla visione strategica d’insieme proiettando tali sentimenti prima del tessuto sociale di riferimento e, successivamente, per arrecare ilvalore aggiunto destinato a far crescere la Comunità sarà indispensabile passare al setaccio tutti i punti di debolezza di quel territorio in opportunità strutturali. Una Città, un’azienda, una tavolo di lavoro per essere tale e soprattutto per rendere possibile la persecuzione dell’obiettivo prefissato, dovrà avere un progetto, un percorso ed una direzione. Gli abitanti di quella Città, i dipendenti ed i dirigenti dell’azienda, i componenti del tavolo di lavoro seppur afferenti ad una moltitudine di interessi e bisogni, anziché dividersi e portare alla frammentazione i loro desideri, saranno chiamati prima a consolidare la capacità del dialogo e del confronto, giungendo alla sintesi senza far saltare il tavolo e mettendo da parte, di volta in volta,  la propensione ad inseguire i fantasmi creati volutamente per poter dare un nome a volti sconosciuti per poi poterli additare come responsabili del mancato sviluppo. Lo sappiamo benissimo, sino ad ora è stato facile puntare il dito contro qualcuno. Sappiamo anche quanto tale atteggiamento sia stato deleterio per la nostra crescita socio-economica e per lo sviluppo strutturale dell’economia. Oggi, la naturale via d’uscita dai problemi o dalle difficoltà potrebbe essere individuata nella propensione ad accettare l’idea di mettere da parte l’ego e la voglia di anteporre l’io al noi. Abbiamo accumulato molti ritardi a causa delle frammentazioni e, soprattutto, siamo diventati deboli non perchè abbiamo scelto di esserlo ma per avere una scusa da utilizzare a fronte dei numerosi fallimenti presenti in un sistema che ormai ha perso il cervello e vive grazie agli ultimi colpi di coda. Potrà mai essere questo il modello da continuare ad utilizzare per il nostro futuro?

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