Da una parte della strada le macchine, messe ben in fila una dietro l’altra, finestrini bloccati e aria condizionata al massimo. Dall’altra, tre ragazzi ed un cellulare. L’asfalto è rovente e i viaggiatori sono alle prese con il primo ponte della stagione estiva 2018. Mentre la fila si muove lentamente, continuo a guardare quei tre ragazzi, i loro sorrisi, la loro semplicità e l’afflato che li vede vicini nel condividere qualcosa che li rende felici. Loro non hanno fretta di vedere il semaforo diventare verde per poter  partire a tutto gas; per loro è più importante che il semaforo sia rosso, così le auto si fermano e l’occasione diviene una opportunità da cogliere al volo per pulire qualche parabrezza e ottenere, da qualche automobilista sensibile, qualche moneta. Quei tre ragazzi avranno meno di 18 anni. Chissà dove vivranno e chissà da dove sono arrivati. Troppe domande, lo so. Intanto il problema dei migranti diviene per il Vecchio Continente un fenomeno sempre più rovente, difficile da governare e potenzialmente paragonabile ad una bomba ad orologeria, destinata ad esplodere senza preavviso e soprattutto senza una preventiva conoscenza di danni. Proprio ieri, mentre a Roma erano in corso i festeggiamenti del 2 Giugno, festa della Repubblica, nel Mediterraneo perdevano la vita decine di migranti; non è mia intenzione creare confusione tra i due momenti di una giornata, iniziata pensando alla bellezza del nostro tricolore, alla storia della nostra Patria e conclusa con le angosciose notizie trasmesse a sera durante gli interventi di recupero dei cadaveri in mare aperto. Dovremmo iniziare a pensare anche a questi temi, con maggiore capacità riflessiva, filtrando più profondamente ogni singolo evento tra i vari articoli della nostra Costituzione. Invece continuiamo a leggere sui social forum commenti, prese di posizione, proposte ed atteggiamenti che nulla hanno a che fare con il nostro ordinamento repubblicano. Ho scelto questo spazio virtuale per scrivere di tanto in tanto qualche riflessione pensando soprattutto al futuro dei giovani. I vari argomenti ruotano tutti intorno ai nostri ragazzi e, nel tempo, anche molti genitori hanno scelto di avvicinarsi a queste brevi letture.  Non penso di poter cambiare il mondo ma provo a condividere  argomentazioni di una quotidianità che ci appartiene un po a tutti.  Mi farà molto piacere ricevere comunicazioni in merito, ogni suggerimento sarà utile per farmi crescere e comprendere sempre e di più le avvolgenti dinamiche della nostra società e del nostro tempo. Questi feedback saranno segnali destinati a caricare di responsabilità un giovane studioso di fenomeni sociali e proseguire un percorso di decodificazione destinato a non concludersi mai. Tanto si può apprendere dai libri, tantissimo si potrà apprendere dal confronto, dalle costanti condivisioni e riflessioni indirizzate tanto ai giovani quanto ai loro genitori. La nostra società non è sorda, ha semplicemente deciso di non sentire e non ascoltare.  Troppi pregiudizi e troppe soluzioni preconfezionate hanno ormai dissacrato i normali processi di confronto e la naturale capacità critica di tantissime persone. Perciò è più facile astenersi che trovarsi a dover litigare costantemente. Quest’ultima fase ha una causa ben precisa: il passaggio dalla famiglia normativa alla famiglia affettiva e la generazione di moltissimi cambiamenti avvenuti repentinamente nella struttura sociale e mentale della collettività. Conseguentemente, anche l’agire umano, a seguito di tali dinamiche, si è autodeterminato modellandosi in funzione ad una società incline a mettere da parte l’elemento qualitativo, manifestato da sempre attraverso i rapporti interpersonali, i sentimenti ed i valori sociali a favore della crescente domanda di quantità intesa come ricchezza, potere, apparenza e status sociale. Per quanto riguarda i valori affettivi, ricorderemo sicuramente la loro valenza praticata all’interno di una società  società rurale e considerati vincoli d’unione indistruttibili. L’avvento della società post-moderna e tutte le dinamiche ad essa collegate, hanno contribuito a far emergere la figura di Yes-Man, prevalentemente intenti alla ricerca del successo e del benessere sempre più collocati all’interno di sfere sociali dove l’unità di misura è la quantità. Il buon Karl Marx, a distanza di 170 anni dalla pubblicazione de “il Capitale”, se potesse misurare le attuali dinamiche sociali cosa direbbe? Il prezzo della globalizzazione è stato altissimo e, durante questa fase le élite hanno potuto godere del diffondersi del fenomeno che ha messo in rete la popolazione planetaria ma adesso, la mancata attenzione verso gli ultimi, finirà per mettere sotto scacco quanti sino ad ora hanno goduto senza nulla pagare. I primi segnali vengono forniti dal blocco dell’ascensore sociale, e dalla crescente inflazione dei titoli di studio. Come già aveva previsto Jeremy Rifkin nel 1995 mediante la pubblicazione del volume “la fine del lavoro”, la qualità occupazionale si è ridotta ad una mera azione meccanica, praticata da uomini e donne sempre più costretti a lavorare senza sosta e soprattutto sempre più indebitati. Questo Terzo Millennio sembra essere sempre più incalzante soprattutto in questi temi legati al lavoro ed al futuro. Questa mattina la rivista on line “globalist.it” dava una notizia particolarmente triste: “2,00 euro all’ora per lavorare come schiavi”. Ma c’è anche la tragedia che ha mietuto un migrante venuto dal Mali,  ucciso perché rubava una lamiera destinata a coprire i raggi del sole. Tutto ciò è inaccettabile. Nessun comparto produttivo italiano dovrà avere questo scenario, altrimenti quella bellezza dei valori costituzionali dell’Italia finiranno triturati da un sistema intento a guadagnare terreno lentamente e costantemente. L’agricoltura e tanti altri settori lavorativi, giorno dopo giorno divengono l’occasione giusta per propinare a giovani uomini e donne, contratti da fame; a volte senza senza contributi o, al massimo proporzionati agli importi maturati dalla retribuzione bassissima; sulla scorta del bisogno c’è il prendere o lasciare. Il bisogno continua ancora a dettare le scelte rendendo gli esseri umani inclini alla schiavitù. Ancora oggi, nel 2018, vengono offerte cifre irrisorie anche a giovani diplomati e laureati perchè scegliendo di credere nella propria terra e nella propria gente si ritrovano ad avere titoli di studio altissimi non cercati all’interno di un sistema occupazionale che volutamente ha mantenuto basso il livello di accesso al fine di poter retribuire poco e svalutare verso il basso anche quanti potrebbero pretendere di più. A dimenticare i figli di questa terra ed i loro sacrifici sono datori di lavoro e burocrati pieni di se, senza scrupoli, senza cuore e con i figli collocati in strutture occupazionali al di fuori delle mura. I responsabili della costante spoliazione generazionale sono proprio quelle persone impegnate in sermoni vuoti, propinati in ogni occasione utile quando viene richiesta dalle platee l’enfatizzazione delle belle speranze, con la creatività e l’entusiasmo dei giovani e quando si pensa di poter combattere la criminalità alimentando sistemi occupazionali a tempo  e sottopagati. Per affrancare il territorio dal male sarebbe sufficiente non ritrovarsi più la pletora di bravi che hanno distrutto l’Italia. Personalmente credo sia indispensabile ritrovare e praticare quei principi costituzionali previsti proprio per  garantire alla persona ed al lavoratore la dignità. In caso contrario si finirà per alimentare le delusioni, le frustrazioni e la crescente sfiducia per le Istituzioni. Gli Italiani dovranno metterci tutta l’energia e tutta la volontà necessaria per superare questa difficile fase storica. A me rimane una grande fortuna: aver incontrato il sorriso di quei tre ragazzi, intenti ad alimentare la loro felicità con una semplicità straordinaria fornita da un semplicissimo telefonino mentre centinaia di automobilisti erano proiettati ad una felicità costruita su misura.

francesco.rao@me.com

6 commenti su “LA FELICITÀ HA MILLE VOLTI”

  • Caro Francesco Rao, ti scrivo con il piacere di condividere quella parte del tuo scritto dedicato ai tre giovani che hai osservato nel seduti nelle immediate adiacenze del semaforo erano attratti dal mondo del web comnication.
    Poi la mia attenzione si è soffermata in religioso silenzio come quando si prega il buon Dio, per la dolorante ferita che si è aperta nel cuore di tanti Calabresi, ancora una volta su tutti i media per il male irrimediabile inflitto a un altro sfortunato migrante condannandolo alla pena di morte senza processo alcuno.
    Riflettiamo sul perchè e pensiamo se sia Giustizia umana questa e se in Calabris e dalla Calabria, debbano giungere questi messaggi di morte nel silenzio, anzi, nella quasi totale indifferenza dei pìù.
    Che la misericordia e la concordia possano generare tanta pacifica convivenza sociale. Con stima e gratitudine, Emilio Errigo

    • Buongiorno Emilio, grazie per la cordiale recensione. Penso sia sempre più indispensabile discutere di questi e dei tanti altri problemi della Calabria e dei Calabresi. Per tanto tempo il pensiero è stato rivolto altrove, trascurando le priorità e soprattutto la dignità umana. Tanta pacatezza e tanta buona volontà potranno arrecare la giusta utilità alla causa. A presto

  • Gent.mo professore, trovo molto interessante Suo contributo, riporta la mia memoria alle piacevoli lezioni di sociologia e contemporaneamente al vissuto raccontato da mio padre quale emigrato all’estero per lavoro. Quindi la celerità con la quale si sono affermati i tanti mutamenti, ancora in atto, che hanno emarginato quella società strutturata su norme e valori certi ed hanno affermato il primato del relativismo etico ed ideologico. L’immagine che Lei propone, riflette da un lato il travolgente dinamismo, che ha favorito l’evidente frattura presso l’intero sistema dei valori, dall’altro l’insofferenza e l’affermazione dell’individualismo che si eleva a nuovo stile di vita. Infine, penso che la crisi, non solo economica in atto, porta, maggiormente in alcuni contesti dove sono ancora predominanti le regole della sub cultura, alcuni individui a sentirsi affrancati da doveri, regole e norme sociali, etiche e giuridiche.

    • Buongiorno Daniele, grazie per il contributo che hai voluto lasciare. Mi fa piacere aver richiamato i pregressi momenti di studio e spero vivamente di poter approfondire e ampliare l’argomento. Grazie di vero cuore, divulghiamo la bellezza delle idee la nostra terra ed i nostri conterranei hanno bisogno di fiducia e non di frustate. A presto

  • Gentile Professore,
    mi piacerebbe dare il mio piccolo contributo, iniziando con le parole del Papa: “””le attuali difficoltà e crisi nel sistema economico hanno una innegabile dimensione etiva: sono legate a una mentalità di egoismo e di esclusione che ha generato nei fatti una cultura dello scarto, cieca rispetto alla dignità umana dei più vulnerabili”””. Dal mio punto di vista, la cultura dello scarto richiamata dal Pontefice si rispecchia nella crescente globalizzazione dell’indifferenza, davanti alle evidenze di tutti i giorni. Non da ultimo il caso della Calabria, con l’uccisione di un sindacalista di colore intorno al quale si è elevato un fragoroso silenzio di indifferenza che ha toccato ogni livello.

    • Buongiorno Antonio, grazie per avermi. Mi fa molto piacere leggere il Suo gentile contributo, particolarmente gradito ed interessante. Sono d’accordo con Lei nell’individuare cause legate ad una diffusa cultura dello scarto presente nella struttura sociale Occidentale. Qualche anno addietro, quando Papa Benedetto XVI parlava di relativismo, in molti fingevano di non capire ma era quello il campanello d’allarme che il sistema sociale e le intelligenze non hanno voluto carpire per costruire un sistema volto a governare il vuoto creato e oggi rilevabile e incontrollabile. Occorre parlare creando confronto attivo, lasciando da parte la volontà di convincere ma alimentando la curiosità della possibile alternativa al mondo in cui viviamo, ricordandoci che la rete umana ancora ha una valenza ben chiara e può incidere notevolmente sul cambiamento. La saluto cordialmente e grazie per aver contribuito all’approfondimento della mia riflessione.

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