La Legge n° 296 del 2006 ha stabilito chiaramente una serie di indicatori in merito allo svolgimento dei processi d’istruzione da praticare in Italia. Tale provvedimento normativo, inoltre,  ha previsto quanto deve durare l’istruzione obbligatoria e quali sono le possibili alternative, utilizzabili dai giovani, per concludere il ciclo d’istruzione.  L’elemento caratterizzante della norma è l’obbligatorietà che, nell’occasione, è strutturata in una duplice valenza: la prima è volta a contrastare l’analfabetismo e la marginalità sociale conosciuta soprattutto nei Secoli scorsi; la seconda è ampliativa in quanto, seppur all’interno di una cornice rigida, risiede la possibilità di scelta tra due corsie ben specifiche, utilizzabili per ultimare il percorso d’istruzione finalizzato non soltanto al conseguimento di un titolo di studio ma alla creazione dei presupposti indispensabili per poter avere accesso al mondo del lavoro.  Come risaputo, oggi il percorso ordinario previsto dalle Scuole Secondarie Superiori è ben definito, tanto nella forma quanto nella sostanza; vi sono programmi ministeriali posti accanto ad una percentuale di autonomia scolastica, destinata a caratterizzare ulteriormente il segmento formativo prescelto. Vi è poi, come già anticipato, il canale dell’offerta formativa afferente al mondo professionale, realizzato  grazie alla diffusa presenza di strutture accreditate dalle regioni e debitamente organizzate al fine di consentire ai discenti la possibilità di poter conseguire, entro i diciotto anni, una Qualifica di formazione professionale, avente durata almeno triennale, valida per l’immediato inserimento nel mondo del lavoro e alternativa al Diploma nonché come intervento di contenimento della dispersione scolastica. Tenendo in considerazione il futuro scenario occupazionale e l’accentuarsi del divario sociale Nord-Sud, dettato dalla crescente quantità di giovani destinati ad emigrare verso il Settentrione, tanto per l’eventuale prosecuzione degli studi quanto per accreditarsi nel mondo del lavoro grazie alla crescente quantità e qualità dei collegamenti tra Università e aziende. Per la rimanente parte di giovani propensi a rimanere a Sud, servirà una straordinaria quantità di determinazione, Skills versatili e tantissima resilienza altrimenti si finirà per essere esclusi prima ancora di poter svolgere il primo giorno di lavoro. Come ogni fenomeno sociale, anche in questo caso, la dinamica di cui alla presente riflessione si compone di più sfumature e, giunti a questo punto, occorre indirizzare la nostra attenzione, verso una fascia sociale particolarmente debole e maggiormente esposta ad una crescente marginalità, determinata principalmente dalla mancata inclusione occupazionale e, di conseguenza, dalla crescente impossibilità all’inserimento nel mondo del lavoro proprio per penuria di titoli di studio spendibili al fine di non essere fagocitato dal Mismatch occupazionale creato proprio dall’inflazione del titolo di studio posseduto. Ancora per una volta, il mondo dei giovani rappresenta la centralità dell’argomento trattato. In questo caso specifico,  ho pensato fosse giusto soffermarmi alla difficile condizione di vita vissuta dai giovani con ridotta mobilità motoria ma volenterosi nell’apprendere specifiche ed ulteriori competenze, trascurate o non affrontate durante il percorso di studi superiori ed indispensabili per l’inserimento nel  mercato del lavoro, divenuto sempre più evoluto ed aperto a funzioni non più imbastite sull’ impiego di manodopera fisica ma sempre e di più propense ad intercettare Risorse Umane formate e disposte a svolgere  ruoli ben specifici grazie alle abilità ed alle competenze informatiche, linguistiche, logistico-organizzative e gestionali proprie dell’industria 4.0 praticabili anche da giovani con ridotte capacità motorie. Per comprendere meglio questo delicatissimo ambito, è indispensabile dare uno sguardo al quadro normativo nazionale ed europeo, rivolgendo verso il passato un velocissimo sguardo. L’art. 38 della Costituzione ha disciplinato chiaramente le fondamenta di questo comparto, tutelando gli inabili ed i minorati e prevedendo apposite procedure destinate garantire il godimento del diritto all’educazione e all’avviamento professionale. C’è da sottolineare quanto  sia stata travagliata la fase intercorsa tra la promulgazione della Costituzione Italiana ed i primi provvedimenti normativi, volti ad attuare le disposizioni costituzionali. Difatti, uno tra i primi provvedimenti,  è stato attuato mediante  gli effetti della Legge n° 118/71.  Nei contenuti della norma, precisamente all’art. 23, il Legislatore  prevedeva disposizioni ben precise e destinate a promuovere l’addestramento, la qualificazione e riqualificazione professionale, il lavoro protetto ed provvedimenti indispensabili per garantire una qualità della vita di relazione della persona a ridotta mobilità motoria. Unitamente a ciò, per gli invalidi iscritti a corsi di formazione professionale, l’art. 24 della Legge già citata, prevedeva anche una indennità di frequenza ai corsi. Intanto, il trascorrere del tempo e il sopravvenuto benessere creato dal secondo dopoguerra, la crescente domanda proveniente dal segmento sociale interessato unitamente alla necessità di poter avere personale specializzato da inserire in un mercato del lavoro in forte espansione, spinse il Legislatore ad interpretare i tempi e ad offrire azioni solutive mediante appositi strumenti  normativi. La Legge 845/78 nasce sulle premesse già trattate. In essa traspare immediatamente una straordinaria novità destinata a conferire direttamente alle regioni anche le funzioni afferenti alla Formazione Professionale. Questa  responsabilità comportava lo stanziamento annuale di una parte dei fondi economici, necessari agli Enti di formazione professionale per  lo svolgimento delle attività programmate. La rimanente parte veniva finanziata da appositi fondi regionali. Credo sia possibile immaginare la differenza dell’apporto di finanziamento, relativo allo stanziamento di fondi destinati al settore della formazione professionale effettuato rispettivamente dalla Lombardia e dalla regione Calabria. E’ bene sottolineare in questa sede un’altra importantissima questione, spesse volte poco considerata, ma secondo me vera e propria causa dell’attuale divario Nord-Sud: le regioni, seppur previste dalla Costituzione Italiana del 1947 ebbero attuazione con la Legge n° 281 del 1970.  La Calabria, per dare seguito ai principi normativi relativi alla formazione professionale previste dalla Legge n° 845/78, dovette attendere il varo della Legge Regionale 18/85. Questo ritardo di ben 7 anni, fu dettato soprattutto dalle instabilità politiche e dalla lentezza normativa del periodo storico. Accanto a ciò, non va trascurata la condizione sociale vissuta nel Meridione a causa del crescente fenomeno migratorio, operato da Sud a Nord da una fetta di popolazione propensa ad abbandonare il proprio paese e le zone rurali per recarsi nelle grandi città del Nord come Milano, Genova e Torino in cerca di un lavoro ben retribuito e con l’aspettativa di un futuro migliore. Gran parte di quanti emigrarono tra gli anni ’50 e ’70 del Secolo scorso, erano analfabeti o al massimo in possesso di licenza elementare. Oggi, la regione Calabria ha ben 240 Enti di Formazione Professionale accreditati [1] distribuiti su tutto il territorio regionale. Nel 2017 sono state poste a disposizione del comparto afferente alla Formazione Professionale risorse finanziarie pari a € 11.340.000,00, gli ambiti formativi individuati sono stati: il settore Agroalimentare, l’edilizia sostenibile, turismo e cultura, Logistica, ICT e Terziario Innovativo e Smart Manufacturing. Seppur l’attuale norma regionale abbia previsto l’obiettivo di strutturare e prevedere la coerenza tra il sistema della formazione professionale ed il sistema scolastico statale, introducendo la qualificazione professionale, conseguibile anche da soggetti invalidi e dai disabili, mancano una serie di interventi necessari e volti ad assicurare il pieno godimento del diritto alla formazione professionale, ed alla fruibilità di tutte le iniziative formative tese a garantire alla rieducazione professionale di quei lavoratori, divenuti invalidi a seguito di incidenti sul lavoro e la formazione di soggetti che non risultino atti a frequentare il percorso scolastico a causa dell’età. Con la Legge n° 104/92 è stato possibile intervenire nuovamente sul quadro normativo pregresso, integrando al settore dell’istruzione i docenti di sostegno. Oggi, si rende indispensabile un’ulteriore rivisitazione delle norme regionali, magari armonizzate in sede di Conferenza Stato-Regioni, affinché possano essere previsti i docenti di sostegno con specifiche competenze da impiegare nel settore della formazione Professionale in quanto, seppur le Regioni oggi garantiscano agli allievi con ridotta capacità motoria l’accesso e la fruibilità degli spazi per ogni Ente di formazione professionale accreditato, non garantisce la presenza di personale docente e non docente in grado di avvalersi dei metodi appropriati per garantirne  l’apprendimento e l’acquisizione dei contenuti per poter conseguire una Qualifica di formazione professionale anche mediante attività specifica nell’ambito dell’offerta formativa del centro di formazione professionale, tenendo conto dell’orientamento emerso dai piani educativi individualizzati realizzati durante l’iter scolastico del discente. I corsi svolti dalle agenzie formative, tengono in debita considerazione le diverse capacità e le differenti esigenze della persona con ridotta capacità motoria ma finiscono per trasformare l’opportunità formativa un una ennesima sconfitta della persona a causa dell’ inserimento in classi comuni o in corsi non specifici alle inclinazioni personali. Per tali motivi, alla luce delle ingenti somme messe a disposizione dalla Comunità Europea, diviene indispensabile estendere gli effetti della Legge n° 104/92 anche agli Enti di Formazione Professionale accreditati alle Regioni mediante la previsione e l’inserimento dei docenti di sostegno. Tutto ciò, potrebbe rientrare in una normalissima fase di adeguamento alla normativa nazionale sull’integrazione scolastica, alla Convenzione dell’ONU ed alla piena applicazione delle disposizioni Costituzionali italiane, istituendo percorsi personalizzati e finalizzati all’acquisizione specifica di quelle abilità e quelle  competenze immediatamente spendibili nel mondo del lavoro. Dal 1 gennaio 2018 è scattato l’obbligo, per aziende che occupano da 15 a 35 dipendenti, di assumere un lavoratore con disabilità, anche se non ci sono nuove assunzioni. L’obbligo di assumere lavoratori con disabilità è previsto dalla Legge 12 marzo 1999, n. 68. E’ vero, esistono le pensioni di invalidità civile, ma la dignità delle persone viene gratificata soprattutto dal lavoro.

…Prima di salutarTi, ringraziandoTi per avermi letto,  vorrei chiederTi un piccolo aiuto: se la mia Riflessione fosse stata di Tuo gradimento, Ti chiederei di condividerla con i Tuoi amici, tramite Facebook o Whatsapp. In caso contrario, Ti sarò particolarmente grato se volessi segnalarmi ciò che non condividi. Questo spazio vuole essere anche un luogo dove potersi confrontare, crescere ed imparare  grazie alla condivisione. Personalmente continuo a ritenere attuale quanto asseriva Socrate: “So di non sapere”. Ma rimane un nostro diritto essere curiosi ed apprendere.

Ti ringrazio 

[1] http://portale.regione.calabria.it/website/portalmedia/2018-09/Elenco-Sedi-accreditate-Aggiornato-al-31.07.2018.pdf

5 commenti su “IL DIRITTO ALLA FORMAZIONE PROFESSIONALE PER I GOVANI CON RIDOTTA MOBILITÀ MOTORIA”

  • La formazione professionale e, maggiormente, l’orientamento individuale o di piccoli gruppi omogenei sono fondamentali, soprattutto in una realtà come la nostra a fortissima disgregazione sociale e quasi priva di opportunità lavorative. Il sostegno individuale e l’orientamento, praticati in stretto rapporto anche con le famiglie, poi dovrebbero essere “le armi” principali per aggredire il triste fenomeno dell’abbandono scolastico e le conseguenti devianze sociali che inevitabilmente finiscono per ali mentare la manovalanza della criminalità. Si deve però evitare il rischio, già verificatosi in passato per almeno 30 anni, di una formazione fatta a misura “dei formatori” e non dei formandi. E, infine, fare una formazione non astratta ma fortemente legata alle esigenze della società (formare prima di tutto il futuro cittadino) e delle attività produttive esistenti e/o da programmare in relazione alla vocazione del territori in cui si opera. Congratulazioni, comunque, per il bel saggio. Questa società, oer cambiate radicalmente, ha bisogno anche della tua opera così appassionata

    • Buongiorno Armando,
      Ti ringrazio per il commento che hai voluto lasciare dopo aver letto la riflessione pubblicata recentemente. Ti assicuro il mio incondizionato impegno volto a promuovere, sensibilizzare e cercare costruire insieme alle persone di buona volontà soluzioni reali ed attuabili verso le tematiche affrontate di volta in volta.
      A presto

  • Buona serata Prof. Francesco RAO.
    Quando si giunge alla maturazione o maturità del proprio credo, il più delle volte e senza saperlo, si creano condizioni ideali per la diffusione di temi sociali generalmente poco esplorati dai pensatori costruttivi.
    Mi riferisco ove ce ne fosse il bisogno decifrante del mio dire, alla molto significativa Sua riflessione sul tema della disabilità motoria o sensoriale che condiziona fortemente il vivere di molti dei Giovani abitanti della Calabria.
    Ho letto con tanta concentrazione il Sui Documento Sociale, finalizzato a mia interpretazione, a riavviare la nota sensibilità dei Calabresi ovunque essi si trovino a vivere o a soffrire in silenzio.
    Le sono molto grato gentilissimo e coraggioso Prof. RAO, per la Sua costante opera divulgativa avente per tema principale i Giovani Calabresi.
    Poi arrivare a immergersi in temi sui quali l’indifferenza e la solitudine regnano e dominano sovrani, mi parrebbe corretto poter affermare che Lei è un vero Uomo di Fede.
    In Calabria, nella Nostra Calabria, c’è tanto bisogno di concreto atti di buona volontà , di cooperazione e coesione sociale, impegno umano e senso di altrusmo non disgiunto da visibile opera di solidarietà, verso questi Giovani svantaggiati, dimenticati e assistenza nei confronti delle loro famiglie.
    Grazie ancora Prof. Francesco Rao e continui a diffondere il Suo credo che non tarderà l’ora in cui il cuore nobile dei Calabresi sapranno ricompensarla per il Suo utile impegno professionale e sociale.
    Cordialmente, Prof. Emilio Errigo

  • Buona serata Prof. Francesco RAO.
    Quando si giunge alla maturazione o maturità del proprio credo, il più delle volte e senza saperlo, si creano condizioni ideali per la diffusione di temi sociali generalmente poco esplorati dai pensatori costruttivi.
    Mi riferisco ove ce ne fosse il bisogno decifrante del mio dire, alla molto significativa Sua riflessione sul tema della disabilità motoria o sensoriale che condiziona fortemente il vivere di molti dei Giovani abitanti della Calabria.
    Ho letto con tanta concentrazione il Sui Documento Sociale, finalizzato a mia interpretazione, a riavviare la nota sensibilità dei Calabresi ovunque essi si trovino a vivere o a soffrire in silenzio.
    Le sono molto grato gentilissimo e coraggioso Prof. RAO, per la Sua costante opera divulgativa avente per tema principale i Giovani Calabresi.
    Poi arrivare a immergersi in temi sui quali l’indifferenza e la solitudine regnano e dominano sovrani, mi parrebbe corretto poter affermare che Lei è un vero Uomo di Fede.
    In Calabria, nella Nostra Calabria, c’è tanto bisogno di concreto atti di buona volontà , di cooperazione e coesione sociale, impegno umano e senso di altrusmo non disgiunto da visibile opera di solidarietà, verso questi Giovani svantaggiati, dimenticati e assistenza nei confronti delle loro famiglie.
    Grazie ancora Prof. Francesco Rao e continui a diffondere il Suo credo che non tarderà l’ora in cui il cuore nobile dei Calabresi sapranno ricompensarla per il Suo utile impegno professionale e sociale.
    Cordialmente, Prof. Emilio Errigo

    • Gent.mo Prof. Errigo,
      Vivere in Calabria è una scelta ben precisa.In tale scelta risiede la propensione a percorrere strade ardue, partendo da amene località e sperando di poter raggiungere ogni obiettivo prefissato nel migliore dei modi, senza dover essere ricordato come “caduto in guerra” ma come costruttore di concretezze. E’ vero, realizzare uno o più progetti in Calabria non è facile ma è possibile. Lavorare con i Giovani, secondo me, continua ad essere una straordinaria opportunità per continuare a crescere insieme a loro, condividendo speranze, sogni ed a volte anche amarezze. 15 anni di attività mi hanno consentito di ascoltare punti di forza e punti di debolezza della mia terra e della mia Gente in un modo straordinario. A volte vorrei avere una bacchetta magica e poter soddisfare le svariate richieste dei Giovani che ho avuto la fortuna di poter incontrare, tanto nel mondo della Scuola quanto nel mondo della Formazione Professionale.Il desiderio principale è la ricerca di un lavoro stabile per poter vivere e costruire un futuro. Tantissime persone pensano che i Giovani abbiano soltanto desideri futili. Non è così. Almeno sino ad ora ho apprezzato la grandiosa qualità e quantità di sogni riferiti dai ragazzi che ho incontrato nelle varie circostanze di confronto. Ho conosciuto anche ragazze e ragazzi che non riuscivano a sognare perchè l’aver abbandonato la Scuola precocemente, il dover vivere in una famiglia spesso multiproblematica, costretta ad inventarsi come sbarcare il lunario con un piccolo reddito a volte quantificato sotto i 600,00 euro. Queste difficoltà divengono vette insormontabili e limiti destinate a incidere sull’autostima dei Giovani e sulla volontà di potersi mettere seriamente in gioco per poter costruire il proprio percorso di vita cercando di migliorare non per evadere dalla propria storia ma per poter aiutare quanti non avranno la stessa forza per reagire. C’è da sottolineare la penuria di centri di aggregazione giovanile, mediateche attrezzate, centri specializzati per assistere gli studenti che hanno difficoltà con lo studio, opportunità d’inserimento occupazionale con sistemi di work experience tanto per i normodotati quanto per i Giovani con ridotta mobilità motoria. Insomma, servirebbe più Stato disposto ad offrire infrastrutture, Risorse Umane specializzate ed opportunità per rendere possibile l’attuazione reale dell’art. 3 della nostra Costituzione.
      Sarà difficile far riflettere tantissime persone per poi poterle vedere agire in direzione contraria ed ostinata all’attuale indifferenza? A presto Prof. Errigo e grazie per la cordiale opportunità di confronto.

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