Ogni occasione, ogni ricorrenza, è il momento buono per riflettere sulla condizione giovanile, guardando al passato, al presente ed esprimendo ogni tipo di impegno e buon auspicio per il futuro. Penso di non essere il solo ad aver ascoltato prelati, politici e le più alte cariche istituzionali impegnate verbalmente in tali argomentazioni.

Il trascorrere del tempo, per mille versi, è stato un reiterarsi di impegni posti in essere da soggetti diversi, posizionati temporaneamente nell’identico scenario ed oggi, tutte quelle belle parole vengono tradotte in un dato drammatico per il Paese: rispetto al 2013 c’è un incremento del 41,8% di cervelli in fuga, come riportato nel rapporto sul sistema universitario 2021. Ed allora, partendo dal presupposto che è la somma a fare il totale, la difficilissima realtà sociale, posta sotto i nostri occhi, merita ancora parole oppure necessitano urgentemente fatti concreti, tangibili ed immediati?

Detto ciò non è mia intenzione dubitare sulla bontà delle parole pronunciate dal Sig. Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, durante l’intervento tenuto a Palermo il 23 maggio 2021 alla cerimonia commemorativa, svolta in occasione dell’anniversario delle stragi di Capaci e di Via d’Amelio. Ascoltando  le autorevoli parole, pronunciate con il cuore, sin da subito è rimasta impressa nella mia mente l’affermazione del Presidente Mattarella che rivolgendosi a giovani diceva: “In voi si esprime la voce della società contro condizionamenti illeciti, intrighi, prepotenze, violenza sopraffattrice; la voce dell’Italia che chiede che tutti e ovunque possano sentirsi realmente e pienamente liberi nelle proprie scelte e nelle proprie iniziative. In definitiva, la voce della civiltà e della storia”.

Nella stessa giornata del 23 maggio, a Palermo era presente anche il Ministro della Pubblica Istruzione Patrizio Bianchi e rivolgendosi anch’esso ai giovani ha affermato: “La legalità è il diritto di vivere una vita felice insieme. L’anno prossimo torneremo attraversando il mare e arrivando all’alba a Palermo rivedremo i ragazzi intonare l’inno nazionale”.

Signor Presidente della Repubblica, Signor Ministro, da umilissimo Cittadino apprezzo le Vostre parole, il Vostro impegno e tutta la dedizione messa in campo per stimolare i giovani ad avere fiducia, ad impegnarsi negli studi e nella vita per contribuire a realizzare un Paese migliore.

La mia modesta esperienza professionale, mi ha portato a lavorare in ambito scolastico e formativo, nelle realtà territoriali complesse della Città Metropolitana di Reggio Calabria che, per comparazione di macro dati, è sovrapponibile alle aree territoriali del Meridione. In oltre 15 anni di attività, ho visto più volte il “nervo scoperto” di un tessuto sociale retto dall’inerzia e non dalla felicità di vivere. Ho visto l’avanzata età di giovanissimi genitori, consumati da umilissimi lavori e seppur riconoscenti del ruolo svolto dalla Scuola spesse volte non partecipavano alle varie iniziative perchè la vergogna oggi è la peggiore delle punizioni che la società riserva agli ultimi. Ho visto studenti ritirarsi da Scuola perchè per i loro genitori era prioritario fare la spesa e non acquistare i libri. In moltissimi casi, il sociologo presente a Scuola ha costruito ponti relazionali, è andato a casa di quegli studenti, ha respirato non soltanto l’umiltà ma la rassegnazione di chi non poteva fare di più.

Ho trascorso molti giorni a comprendere perchè gli studenti pendolari arrivavano in ritardo a Scuola in coincidenza delle belle giornate. Mentre i docenti asserivano le solite ragioni tese a non alimentare la fiducia, quei discorsi non mi bastavano. Dopo tanto tempo compresi la causa: in caso di pioggia, i pochi euro messi a disposizione dei genitori venivano utilizzati per il biglietto della corriera; quando c’era il bel tempo si raggiungeva la Scuola facendo l’autostop e con quei pochi euro si comprava un panino e qualche volta una ricarica per il telefono, solo per poter alimentare le promozioni e la connessione alla rete internet per non rimanere isolati dal gruppo.

Tanti di questi studenti non hanno ultimato il processo formativo ed oggi non hanno un Diploma, tradotto in parole semplici, non avranno la più minima ed indispensabile opportunità per la vita. Anche il programma “Garanzia Giovani”, rivolgendosi ai giovani tra 18 e 29 anni, richiede un Diploma quale titolo d’accesso ai benefici previsti dalle varie misure di inserimento occupazionale.

La pandemia ha letteralmente amplificato il divario sociale, devastando soprattutto la qualità della vita dei segmenti sociali più umili, rimasti soli e coscienti che la minima istruzione posseduta è il limite invalicabile per poter recuperare quanto è stato perso in termini occupazionali e reddituali. Tra essi, oggi ci sono anche le famiglie ed i figli di un segmento sociale duramente colpito e cioè del mondo delle partite iva.

E’ ricorrente la preoccupazione del mondo inquirente, tesa ad intravedere in tale debolezza sociale la convenienza della criminalità per reclutare nuove manovalanze ed incrementare i fenomeni devianti. Vogliamo per l’ennesima volta fermarci alle parole ed alle paure? Vogliamo continuare ad assistere alla crescente diffusione di suicidi adolescenziali? Vogliamo continuare ad assistere alla fuga di cervelli? Vogliamo continuare a subire la prepotenza criminale e la condanna o la morte di giovani che in tutta la loro disperazione, hanno intravisto il bene sul sentiero del male?

Il nostro Gianni Morandi, in uno dei suoi successi degli anni ’80, cantava: “uno su mille”. Oggi, al cospetto di una generazione smarrita da una moltitudine di fattori, la guida al bene è riposta nella bellezza di quel progetto di democrazia che la nostra Carta Costituzionale ha consegnato agli Italiani, ponendo al centro di ogni agire la Persona che è  destinataria della custodia e della crescita della nostra Repubblica.

Sig. Presidente, Sig. Ministro, avevo la necessità di condividere queste parole di speranza con Voi. Lo faccio sommessamente ed ufficialmente, scrivendoVi nero su bianco le sensazioni di chi non ha più lacrime per piangere il dispiacere letto negli occhi dei tanti genitori che incontro. Nelle loro umili parole, non intravedo  la felicità per il domani dei loro figli ma sofferenze e privazioni. Sarà comprensibile il dolore pronto da una madre ed un padre che, impossibilitati a fare di più si arrendono al destino ma personalmente vorrei pensare che la Repubblica possa ancora rimuovere tali difficoltà. Un Meridione nel quale  moltissimi giovani sono senza futuro e tantissimi i genitori non hanno un lavoro dignitoso, quale forza propulsiva potrà dare all’Italia? Se il Sud piange il Nord non potrà più nemmeno ridere.

PorgendoVi i miei più cari e deferenti saluti, chiedo umilmente scusa per questo sfogo. Quando ho giurato davanti alla bandiera ed in presenza del comandante del corpo, ho scelto un modello di vita per sempre che ripone nelle Istituzioni la via maestra.

Cordialmente

Componente del Direttivo nazionale e Presidente del Dipartimento Calabria Associazione Nazionale   Sociologi 

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2 commenti su “UN APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ED AL MINISTRO BIANCHI: I GIOVANI DEL MERIDIONE MERITANO UN FUTURO FELICE”

  • Chi conosce la realtà dei giovani calabresi sa perfettamente quanto sia tristemente vero lo scenario da te descritto. Abbandono scolastico uguale a sfiducia nello Stato ed alle sue regole, fortemente condizionata da situazioni di malessere famigliare e sociale che lo Stato non provvede a sanare.

    • Grazie per aver letto la mia riflessione. Oggi più che mai bisognerà saper essere uniti per guardare i comuni obiettivi per troppo tempo trascurati da divergenti posizioni divenute nel tempo sterili ed inconcludenti. Occorre ritrovare la passione e la forza per rimettere al centro la realtà giovanile Italiana e soprattutto quella Meridionale, oggi particolarmente esposta a fenomeni di marginalità che nell’arco di qualche anno diverranno una vera e propria bomba sociale.
      Saluti
      Francesco Rao

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